Tecniche chirurgiche
Panoramica di tecniche chirurgiche
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Il trattamento chirurgico del Morbo di Dupuytren è indicato in presenza di una di queste due condizioni:
- perdita di funzione:legata alla deformità in flessione delle dita ed alla limitazione funzionale conseguente, da valutare anche in relazione all’attività professionale, età e sesso del paziente.
- progressione della malattia: durante la visita il riscontro anamnestico di una rapida progressione della malattia pone indicazione al trattamento chirurgico.
Per retrazioni minime utile il Table test: consiste nel far appoggiare la mano del paziente a piatto su di un tavolo. Se non è possibile mantenerla aderente al tavolo con le dita estese, il test è positivo.
Aponeurectomia
Sono tecniche che prevedono l’asportazione del tessuto aponeurotico patologico e differiscono tra loro per il disegno delle incisioni e per modalità di guarigione delle ferite. A causa di elevato rischio di perdita funzionale della mano queste tecniche sono diventate meno usate negli ultimi decenni. Tasso di recidiva stimato 20 - 40 % dopo cinque anni.
Asportazione del nodulo
Si rimuove solo il nodulo (a volte anche il cordone) e si lascia al suo posto l'aponeurosi. A seconda dello stadio della malattia saranno sezionati i cordoni ma non completamente asportati (fasciotomia sottocutanea).
Dermofascectomia
Prevede l’asportazione in blocco della cute e del sottostante tessuto aponeurotico e la sua sostituzione con innesto dermoepidermico a tutto spessore. E’ indicata in caso di recidiva o nei soggetti giovani con diatesi rapida.
Cordotomia percutanea
È una tecnica poco invasiva che divenne originariamente popolare in Francia più di 20 anni fa. La tecnica utilizza aghi per forare il cordone in modo da indebolirlo fino a che può essere rotto con la forza meccanica, in genere con uno schiocco caratteristico. La cordotomia percutanea è una procedura ambulatoriale, non chirurgica.
La ridotta invasività della procedura e la velocità di esecuzione rendono la cordotomia indicata nel caso di pazienti in scadenti condizioni generali di salute.
I vantaggi sono: richiede poco tempo, si effettua anestesia locale, non crea cicatrici, fornisce un recupero veloce, ha un costo minore rispetto alla chirurgia, può essere ripetuta ed è in genere abbastanza indolore.
L'effetto collaterale probabilmente più importante di questa tecnica è che il tasso di recidiva è superiore rispetto a quello della chirurgia, perché i cordoni contraenti non vengono rimossi. Si possono verificare anche lesioni nervose minori, piccole lacerazioni cutanee, infezioni, reazioni infiammatorie, ematomi, lesioni dei tendini flessori, dolore cronico.
Potenziali effetti collaterali della chirurgia
In casi sfavorevoli la mano potrebbe anche essere in una condizione peggiore dopo l'intervento chirurgico. Una cosa è certa: la mano è molto delicata da operare perché tendini, nervi, muscoli ed altre parti importanti sono molto vicini tra loro. Si richiede un sapiente chirurgo della mano che non faccia alcun danno altrove.
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Possibili effetti collaterali di cui abbiamo sentito parlare (o sperimentato noi stessi) includono:
- rigidità articolare e la perdita di flessione , utile sottolineare l'importanza di un programma di riabilitazione post-operatoria. Una buona riabilitazione dopo l'intervento chirurgico è importante. Ha senso informarsi su disponibili strutture di riabilitazione prima di effettuare l’intervento chirurgico.
- ematoma, lacerazione cutanea, infezioni, lesioni nervose, lesioni vascolari, edema prolungato.
- ferite e dolore post-operatorio .
- tempi di ripresa della funzionalità della mano lunghi.
- recidiva: ricomparsa di lesioni in zone già sottoposte a trattamento chirurgico.
- progressione della malattia: comparsa di lesioni in zone precedentemente indenni.
Il post-operatorio è impegnativo e prevede medicazioni e cicli di fisioterapia, necessari a garantire l'efficacia del trattamento chirurgico. È sempre necessario l'ausilio di tutori.
In letteratura la percentuale di recidiva varia dal 10% (Gonzales 1971) sino al 77%(Mantero 1983). Questa variabilità è legata soprattutto alla durata del follow-up.
Mantero ed i suoi collaboratori hanno studiato oltre 600 pazienti con un follow-up di 30 anni. In questo studio oltre il 43% dei pazienti presenta recidiva della malattia a 5 anni dall’intervento chirurgico ed a 30 anni oltre il 77% dei pazienti è affetto da recidiva della malattia.
Analoghi i risultati evidenziati nella serie di 89 pazienti dello studio Tubiana, Leclerque del 1999 dove a 5 anni oltre il 48% dei pazienti presenta recidiva della malattia e sale al 66% a 10 anni di follow-up.